(Ricevo e pubblico questo messaggio da e di Luigi Martino)
Non è sempre facile comunicare. Non è sempre facile raccontare. Che sia qualcosa di breve oppure no. Che sia qualcosa che abbiamo vissuto o anche solo ascoltato. Riconoscere le cose belle e magari essere in grado di travasarle da un animo all’altro, attraverso gli occhi, attraverso l’udito, è una missione. Una missione che può essere svolta con tanti mezzi. Basta che la si porti a termine.
E allora qual è – secondo me – la differenza tra gli altri e Jepis. Me l’hanno chiesto non lontano dal mare. Ho provato a rispondere in questo modo.
Partiamo dall’esterno e casomai mettiamoli tutti in un corridoio, in una stalla, in un vicoletto di un borgo antico o ai piedi di un palazzo storico, sfarzoso. Mettiamoli dove preferite e uno alla volta facciamo in modo che varchino quella porta. Dall’altro lato c’è una stanza, un tavolo e un seme.
Gli altri – ve l’assicuro – andranno via, qualcuno esclamerà anche: «Non c’è nulla da raccontare».
Jepis, invece, è colui che sarà in grado di fermarsi, di riconoscere il bello dove all’apparenza pare non ci sia molto. Poi creerà una storia, la racconterà. E dopo un po’ sarà pronto a smontare tutto. Farà nascere cose belle piccole da altre cose belle un po’ più grandi. E ancora avanti per un po’, per immaginare, per ricreare.
Ps: la foto in copertina l’ha scattata Luigi in una delle nostre uscite. Mi piace perchè contiene l’infinitezza della vita e la nostra straordinaria illusione si continuare a raccontarla attraverso le cornici della nostra prospettiva.